lunedì 16 gennaio 2012

IL SENSO DI APPARTENENZA DEL SENTIRSI TIFOSI

Cossu segna ed esplode la gioia dei tifosi sardi accorsi a Torino

Amare il Cagliari, amarlo sempre, amarlo da sempre. Bellissimo il gol di Cossu contro la Juventus, bello essere tifoso del Cagliari quando si fa risultato a Torino, contro la capolista, più forti di tutto e tutti.
Nel post partita ascoltavo la radio, le telefonate aperte agli ascoltatori, tanta gioia, entusiasmo alle stelle, le solite critiche spesso inutili, e poi... E poi scopri il vero senso dell'essere tifoso del Cagliari. Lo scopri grazie a coloro, che nati, cresciuti e residenti a Firenze, Roma, Milano e non solo, chiamano in radio, con la voce stretta dall'emozione per quel gol di Cossu, per quel punto in casa della vecchia Signora che ricorda epoche mitiche, Riva e lo scudetto, la vittoria a Torino in Coppa U.E.F.A, o magari tempi tristi ma con il Sant'Elia pieno con i rossoblù ad un passo dalla serie C.
Quasi comincio a pensare che il Cagliari sia amato più in penisola, in Europa e nel mondo che non nelle terra dei nuraghi. "Grazie alla tv" oggi si è tifosi della Juve, del Milan e dell'Inter. Specie i più giovani non si rendono conto di quanto sia bello e quanto orgoglio dia tifare una squadra che sportivamente e non solo rappresenta un'isola, una regione, un popolo.
E via a riempire lo stadio solo quando arrivano le grandi e con metà del pubblico presente che di certo non è lì a tifare il Cagliari.
Facile la scusa dello stadio scomodo e vecchio. Ma vi ricordate quanto eravamo felici nel 1990 nel vedere il Sant'Elia rifatto a nuovo, colorato di poltroncine rosse, bianche, verdi, blu, gialle e marroni che sostituivano il nudo (e ricordo comunque comodo) cemento? Entravamo allo stadio con i cari amici di sempre, tutti abbonati alla nord. Tutti a bocca aperta... Che bello il "nostro stadio"!
Non sono passati cento anni, e dieci appena dall'inserimento delle tribune a ridosso del campo, quando tutti dicevano che figo, che figo, solo figo! Non è cambiato mica poi così tanto. Certo il Sant'Elia è stato abbandonato al degrado ma la comodità odierna è migliore rispetto a quella goduta da coloro che hanno visto seduti sul cemento, prima la Coppa dei Campioni, poi le tante sofferenze fino alla serie C?
Siamo stati comodi nel vedere l'anno della cavalcata U.E.F.A., Cagliari-Torino sotto la neve? Pioveva anche allora, faceva molto caldo, mamma che caldo, faceva freddo, sì, tanto e ci si copriva bene magari con sotto anche il pigiama e le doppie calze.
La comodità negli stadi, inutile nasconderlo, è chiesta nel nome di concetti meramente di mercato. Lo stadio che vive sette giorni su sette, sempre aperto, tra ristoranti, cinema, intrattenimento. Bello, bellissimo, ci mancherebbe, chi non vuole, tra noi tifosi, il nuovo impianto, la nuova casa del Cagliari, ci mancherebbe.
È la storia che avanza: fu prima lo "stallaggio Meloni, poi arrivò il mitico stadio di via Pola, poi il monumento della conquista sella serie A e dello scudetto, sì, l'Amsicora, troppo piccolo per contenere i soli tifosi del Cagliari (non esistevano allora le gabbie per il pubblico ospite che non c'era e non esisteva di certo in terra sarda).
Ed ecco quindi il mitico Sant'Elia dove il Cagliari scese in campo con lo scudetto cucito al petto, all'anima, alla storia di un'isola e di un popolo. Il primo scudetto al sud, inimmaginabile!
Lo spettacolo del calcio in tv da una parte allontana dagli stadi, dall'altra pretende di offrire HD e 3D e allora l'esempio da seguire dev'essere lo Juventus Stadium, lì è tutto perfetto per la tv, le mille telecamere in diretta e non. E così i nuovi tifosi che dalla Sardegna si vestono di altri colori non comprendono il valore di quei quattro mori stampati nelle maglie e nelle anime di chi, prima ha conosciuto un riscatto sociale e la ribalta nazionale grazie a Riva e compagni, poi la gioia e le lacrime di quella notte magica di Coppa Uefa in Belgio, contro il Malines, in uno stadio scomodo e ghiacciato con cinque gradi sotto zero, nel quale accorsero sardi da tutta Europa impazziti di gioia e orgogliosi per quello stemma meraviglioso, per la bandiera rossoblù del Cagliari.
Storie di sacrifici, di povertà, di riscatto, appunto, che vanno di pari passo con le gesta di una squadra che è una realtà sociologica ancor prima che sportiva. Eravamo scomodi, sì, ma eravamo felici ed orgogliosi e dicevamo e diciamo ancora forza Cagliari rispondendo: sempre!

(Davide Zedda)

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