martedì 25 novembre 2014

COL CAGLIARI ZEMAN PIU' ATTENTO ALLA DIFESA? MA QUANDO MAI...




Come volevasi dimostrare. 
Tirando le somme dopo dodici giornate il Cagliari versione zemaniana si comporta esattamente come le squadre zemaniane: tanti gol fatti, tanti gol subiti. Finora il bilancio è di perfetta parità (venti gol fatti e venti subiti) ma la classifica piange assai, con quei soli undici punti in saccoccia, figli della cattiva distribuzione delle due uniche, esagerate vittorie finora conquistate.
Sarebbe bastato tenere per altre partite alcuni degli otto gol rifilati a domicilio ad Empoli e Inter per avere una posizione più consona agli applausi fin qui ottenuti.
I rossoblù hanno segnato tantissimo in trasferta (14 reti) e poco in casa (appena 6 volte), e ciò non è un dato casuale. In casa loro le avversarie sono più tenute ad attaccare, lasciando maggiori spazi per le veloci ripartenze degli attaccanti isolani, ed ecco spiegati i tanti gol e le tante occasioni create in campi di squadre un po’ ballerine in difesa come Inter, Empoli, Lazio e Napoli (tredici gol fatti in tutto). Solo per puro caso in questa lista non entra il Verona, ma anche quella partita, esclusi pali, traverse, gol annullati e scarsa mira degli attaccanti, sarebbe potuta finire tranquillamente 3-3.
Perché, nonostante questa mole offensiva, il Cagliari stenta a decollare in classifica e spesso si fa bloccare sul pari, soprattutto in casa? Il discorso è che, come ben sa Zeman, la sua squadra non è capace di difendere o comunque di gestire un risultato.
Dicendo ciò non si scopre l’acqua calda, ma anzi va a contraddire alcuni addetti ai lavori che nelle ultime affermavano che il nuovo corso zemaniano è più accorto in difesa. Ciò può essere all’apparenza vero, ma i numeri sbugiardano assolutamente questa tesi. 
I venti gol subiti (cioè la seconda peggior difesa dietro il Parma) sono la dimostrazione palese che il Cagliari può difendersi solo attaccando, con il maggior possesso palla possibile e meglio ancora se rifila più di un gol di vantaggio all’avversaria, riducendo così il rischio di rimonta (vedi Empoli e Inter). Questo perché, così come può segnare in qualsiasi momento della gara, può anche subire un gol in qualunque momento.
Le ingenuità difensive, a volte imbarazzanti (vedi gol di Osvaldo, Gabbiadini, Higuain, giusto per citarne solo alcune), si ripeteranno ancora durante la stagione, è inutile girarci intorno. Giusto per capirci, le ultime tre squadre di Zeman, per non andare troppo a ritroso, hanno concluso con questo “score” di reti segnate e subite: Foggia 2010/11, 67 gol realizzati e 58 subiti (in 34 gare), Pescara 2011/12, 90 realizzati e 55 subiti (in 42 gare), Roma 2012/13 (prima dell’esonero), 49 realizzati e 42 subiti (in 23 gare).
A quanto pare, la tendenza attuale con il Cagliari sembra essere la stessa. In conclusione: per salvarsi o comunque fare un campionato onorevole bisognerà segnare tanti gol. E comunque almeno uno in più delle avversarie.

giovedì 30 ottobre 2014

FENOMENOLOGIA DI ZEMAN, POCHI PUNTI MA TANTO ENTUSIASMO




Il Calcio, quello con la C maiuscola, sembra essere tornato a Cagliari. E’ una fenomenologia da studiare, quella che si sta verificando negli ultimi mesi da queste parti. Perché mai tanto entusiasmo per una squadra che, numeri alla mano, veleggia comunque poco al di sopra della quota salvezza e che ancora non ha vinto una partita sul proprio campo?

La risposta forse sta nelle due “Z” che sarebbero le iniziali del suo allenatore. Un fenomeno mediatico che in Sardegna non è mai stato troppo amato prima di sedersi sulla panchina rossoblù, perché scomodo, e perché l’isola è comunque piena zeppa di tifosi o simpatizzanti juventini.

Ora invece pendono tutti dalle sue labbra. Labbra che parlano poco e sempre con quel fare flemmatico che lo fanno sembrare un automa Un poco che spesso è più tagliente di mille parole e raramente sconfina nelle banalità. Ora tutto questo a Cagliari piace, perché il “rompiscatole” del calcio italiano adesso è passato da questa parte della barricata. Si sa, i tifosi sono volubili.

Ma non è solo questo. Si tratta di gioco del calcio, quello che un tempo era uno sport e ora è sempre più un business dove i soldi che girano sono tanti, e per certe partite non si sa quanto siano vere o “combinate”. Un calcio dove ormai le grandi vincono sempre e vincono sempre le stesse. Invece Zeman non vincerà mai nulla.

Però a Cagliari, rassegnati sul fatto che i tempi del ’70 sono ormai irripetibili nel calcio odierno, va bene così. Basta tornare in massa allo stadio (almeno quello che ne è rimasto) e divertirsi, vedendo un gioco propositivo che mancava dai tempi di Ficcadenti (ops… battuta), un campionato giocato interamente dalla prima alla trentottesima giornata senza tirare i remi in barca in primavera per ordini dall’alto. Basta vedere una formazione scelta interamente dal suo allenatore, perché è pagato proprio per fare la squadra e non per farsela “dettare” da qualcun altro. Basta veder giocare contro le “grandi” senza genuflettersi e tentar di vincere, anche se si perde perché magari giocano meglio loro.

Chi sa di non poter mai vincere trofei, si accontenta di divertirsi con una partita di calcio, che anche se business miliardario resta sempre uno sport con il quale distrarsi dal lavoro o dai problemi quotidiani. Un’oasi, insomma. Un’oasi dove possano entrare tutti i giornalisti, e non solo quelli “simpatici”. Un’oasi dove sia preferibile stare dentro l’evento piuttosto che assistervi sopra una poltrona e davanti a una tv.

Sono le piccole oasi dove l’allenatore boemo dovrebbe sempre lavorare. Quelle piccole piazze come Foggia, Pescara e Cagliari, dove non si vincerà nulla ma magari ti accorgi che uno come Sau può segnare venti gol in serie A, come puoi vedere Cossu andare in doppia cifra, scoprire un diciottenne ghanese che potrebbe diventare il nuovo Nainggolan e notare che finalmente le assenze di Conti possono essere rimpiazzate senza perderci troppo.

A Cagliari ci si accontenta di poco, con quel poco che c’è in giro. 

lunedì 29 settembre 2014

UN NUOVO VECCHIO CAGLIARI


Inter-Cagliari 1-3

Alcuni anni fa pubblicai un libro che narrava di partite indimenticabili giocate dal Cagliari nella sua storia. Di quelle che hanno fatto dire a chi le ha vissute, dal vivo o meno, la fatidica frase: "io c'ero!"
Il libro uscì nel 2010, quindi la narrazione si conclude necessariamente con partite tipo il 2-0 alla Juventus nel novembre 2009 (quello della bomba di Nenè, per intenderci). Era il Cagliari di Allegri, Marchetti, Matri, Biondini e via dicendo, forse l'ultimo che sia riuscito in qualche modo a far divertire i tifosi prima di perdersi nell'anonimato di una salvezza conquistata troppo presto.
Successivamente c'è stato ben poco che avrebbe potuto uscire in questo libro. Forse qualche partita di due stagioni fa, di quelle eroiche giocate in uno stadio vuoto, con Cellino in gattabuia e Pulga-Lopez in panchina, e i giocatori capaci di sorprendere con una serie di vittorie casalinghe senza pubblico come quelle con Fiorentina, Torino e Inter. 
Insomma, in queste stagioni anonime concluse come uno scolaro intraprendente ma che ha poca voglia di studiare e quindi si accontenta del canonico "6", c'è stato ben poco che per i tifosi cagliaritani sia valso la pena ricordare.
E poi è arrivata questa incredibile goleada del Meazza contro l'Inter, dove non si vinceva da 19 anni e mai si erano fatti quattro gol (neppure ai tempi di Riva), e allora si che questa partita sarebbe finita dentro il libro, se solo fosse stato ancora in stampa.
Il calcio è strano. Fino a tre giorni prima ci si metteva dubbi (legittimi) se il nuovo corso scelto dalla nuova dirigenza non fosse troppo azzardato, con un allenatore come Zeman il quale, quando sbaglia la stagione (e i giocatori su cui puntare), raramente arriva a mangiare il panettone. Onestamente col Torino questi dubbi hanno preso sempre più corpo, vedendo una squadra senza idee e nerbo, lenta e prevedibile, e nel vedere alcuni giocatori tra i nuovi come inadeguati alla serie A. 
Nel momento più difficile ecco che finalmente i giocatori hanno giocato come avrebbe voluto l'allenatore. E' stato un piacere vedere il Cagliari di ieri al Meazza, capace di giocare un calcio spumeggiante come non si vedeva da tempo.
I tifosi che fino a ieri si mostravano catastrofici, ora si esaltano come se adesso il Cagliari sia diventato all'improvviso uno squadrone. Si sa, il tifoso è una categoria di essere umano tra le più volubili.
E allora facciamo alcune considerazioni, che non servono per sminuire la storica vittoria di ieri, ma per restare coi piedi per terra e ricordare che il campionato di serie A è ancora molto lungo:
1) Come l'Atalanta alcune settimane fa fu favorita da un gol a freddo che complicò i piani dei rossoblù, stavolta è stato il Cagliari a segnare in avvio, giovandosi poi dell'espulsione di Nagatomo. A volte sono piccoli episodi che mettono una partita nella direzione voluta. Poi, sia chiaro, quella direzione bisogna anche meritarsela...
2) La squadra è stata molto rinnovata e il modulo è cambiato, ma a "tirare la carretta", in attesa della crescita dei tanti giovani in rosa, è ancora la vecchia guardia. Ieri, escluso Conti, in squadra c'erano sette elementi dell'anno scorso, e a spazzare via la squadra di Mazzarri sono stati proprio loro: Ekdal, Cossu, Dessena, Ibarbo, Sau. Per ora il solo Crisetig sembra convincere, gli altri devono ancora far vedere di che pasta sono fatti.
A giudicare dalla ieri, Zemanlandia pare aver (finalmente) riaperto i battenti a Cagliari. Il tempo dirà se si tratta di un fuoco di paglia o di un nuovo capolavoro di provincia del boemo.

lunedì 1 settembre 2014

ZAZA, VEDI CAGLIARI E POI... GOL!

Lo splendido gol di Zaza contro il Cagliari

Per l'esordio del Cagliari nel nuovo campionato e il nuovo esordio di Zeman in una squadra di serie A dall'ultima partita sulla panchina della Roma (guardacaso giocata proprio contro il Cagliari) tralasciamo le analisi tecnico-tattiche delle quali il web e la carta stampata straboccano. E poi tutti o quasi hanno visto la partita in tv, quindi non si aggiungerebbe nulla di nuovo ai "fiumi di parole" già portati al successo a Sanremo dai carneadi Jalisse qualche lustro fa.
Spendiamo invece qualche parola per quel giovane ventitreenne con la maglia numero dieci del Sassuolo, di nome Simone Zaza, attaccante lanciato nel grande calcio dai 18 gol di Ascoli due anni fa e tipino dal caratterino un pò così e dai piedi assai educati. 
Non ne vogliamo parlare per lo splendido gol con il quale ieri ha portato in svantaggio il Cagliari, un gol che ricorda parecchio quello segnato da Totti alla Sampdoria nel 2006 (chi si ricorda la magnifica "volée" di sinistro sull'angolino opposto, capolavoro di coordinazione e precisione?). 
No, parliamone per un altro motivo, partendo da una constatazione: in tre partite fin qui giocate dal Sassuolo col Cagliari, il talentino del Sassuolo appena convocato in nazionale ha sempre segnato. 
Rinfreschiamo la memoria: la scorsa stagione all'andata si pareggiò 2-2 al Sant'Elia e Zaza segnò lo 0-2 prima della rimonta di Nenè e Sau (sempre lui), mentre al ritorno l'attaccante neroverde realizzò il vantaggio emiliano, poi pareggiato da un rigore di Ibrahimi. Quest'anno la storia si è ripetuta, come da partita di ieri.
Insomma, in tre gare contro i rossoblù il buon Zaza ha fatto l'en-plein di reti, rinverdendo la tradizione di gente come Rocchi, Floccari, Perrotta, Vucinic e ultimamente Matri, giusto per citare alcuni giocatori capaci più volte di esaltarsi nel recente passato dentro l'area di rigore cagliaritana. 
Che sia di monito per la partita di ritorno?

domenica 31 agosto 2014

CAGLIARI, SI RIPARTE!


L'allievo contro il maestro. Di Francesco contro Zeman. Chi la spunterà?
Non poteva capitare esordio più indecifrabile per il nuovo corso zemaniano del Cagliari, sul campo di una squadra allenata da uno dei tanti "allievi" del boemo, e che nel gioco ne ricalca le caratteristiche tattiche e la gioventù della rosa. 
Il Sassuolo che ha lanciato due attaccanti giovani e di prospettiva come Berardi e Zaza può essere pericoloso là davanti, se la linea difensiva cagliaritana dovesse sbagliare dei movimenti nella tattica del fuorigioco, ma può rischiare allo stesso tempo se il trio avanzato della squadra rossoblù dovesse azzeccare i tanti movimenti offensivi in parte intravisti nel primo tempo contro il Catania. Insomma, la partita è da tripla e, magari, da "over".
Il nuovo corso del Cagliari riparte da nessuna certezza e interessanti curiosità: Se alcuni giovani giocatori dovessero assimilare al meglio i dettami di Zeman, ci si potrebbe divertire e potrebbero nascere delle nuove stelle per la serie A.
D'altronde l'allenatore boemo, pur avendo vinto poco in carriera, è noto per aver lanciato giovani sconosciuti in grado di fare carriere di tutto rispetto. Qualche nome in ordine cronologico? Schillaci (Messina), Di Biagio, Signori e Baiano (Foggia), Nesta, Di Vaio e Nedved (Lazio), Delvecchio, Di Francesco (oggi suo avversario) e un certo Totti (Roma), Nocerino (Avellino), Vucuinic, Bokinov e Osvaldo (Lecce), Sau e Insigne (Foggia bis), Immobile e Verratti (Pescara), Florenzi (Roma bis). Niente male.
E oggi a chi potrebbe toccare? Magari alle punte Loi e Longo, o al prodotto locale Murru, o a Crisetig, Donsah e Farias. Solo col passare delle settimane si scoprirà se la necessità di cambiare registro sarà stata una scelta giusta oppure una giocata troppo rischiosa alla roulette del campionato. 
In ogni caso, in mezzo ai tanti esordienti del Cagliari di oggi, sarà fondamentale l'apporto della vecchia guardia, gente come Rossettini, Conti, Ekdal e Cossu che serviranno come il pane ai giovani per crescere senza far brutte figure come dei dilettanti allo sbaraglio. 
Quella vecchia guardia che in parte oggi giocherà con la maglia nero-verde (vedi Missiroli ma soprattutto Ariaudo e Biondini) e che nello scorso campionato ha detto la sua da metà stagione in poi sulla salvezza di una squadra a volte spumeggiante ma forse troppo giovane. A dimostrazione del fatto che l'esperienza a certi livelli ha sempre la sua importanza.
Dalle 20,45 di stasera basta parole: parlerà solo il campo. In bocca al lupo, Zeman... 

venerdì 4 luglio 2014

ZEMAN, POCO SPAZIO AL CASO: ECCO COME LAVORA




Con l’arrivo dell’allenatore boemo in panchina, per il Cagliari si preannunciano notevoli cambiamenti tattici rispetto all’impostazione data negli ultimi anni.
Zeman lascia poco spazio alla casualità: nelle sue idee tattiche tutto deve avere un disegno ben preciso, e la pedissequa ripetizione dei giocatori di movimenti studiati e provati fino allo sfinimento è la fondamentale premessa per poi utilizzare la fantasia nella fase finale delle azioni, quelle che devono portare al gol.
Di lui si sa tanto, si sa che nelle partite delle sue squadre “l’over” è sempre in canna, come si sa che le sue difese non sono mai state impenetrabili, proprio per il motivo che non ne ha mai curato i movimenti nella stessa maniera maniacale con la quale ha invece preparato i movimenti offensivi.
Ma non tanti sanno come lavora più nel dettaglio e perché spesso le sue squadre (quando i giocatori “sposano” in toto i suoi metodi) corrono più delle altre. In primis per Zeman sono utili e mutuabili anche nel calcio i movimenti di sport come pallavolo, pallamano, baseball e hockey su ghiaccio. In particolare i movimenti offensivi di quest’ultimo sport sono parte integrante dei suoi metodi di gioco, per la loro velocità di esecuzione.
Velocità innanzitutto. E verticalizzazioni continue. In pratica la prima fase dei suoi allenamenti consta di una partita undici contro zero (avete letto bene!), con le quali vengono costruite le connessioni di giocatori della zona destra e della zona sinistra del campo. Nella prima fase si usano le mani (come a pallamano), per studiare i movimenti dei primi schemi di base. Poi c’è una seconda fase nella quale si utilizzano i piedi, ma con due regole obbligatorie: si gioca in tre tocchi e la squadra deve restare corta. Anzi, cortissima. Mentre si gioca vengono fatti entrare gradualmente gli “avversari”: prima gli attaccanti, poi i centrocampisti, e alla fine tutto il resto della squadra.
Per iniziare la fase offensiva si parte dal portiere. Quando questi ha la palla, o la passa a uno degli esterni difensivi o se questi sono marcati, deve lanciare lungo verso gli attaccanti i quali si devono occupare di creare gli spazi necessari per il proseguo dell’azione, che deve prevedere rapide verticalizzazioni.
Se invece la palla arriva a uno dei terzini, la regola è una sola: muoversi verso il centro. Secondo Zeman, con la palla al piede bisogna accentrarsi, se invece la si passa bisogna fare l’esatto contrario, per tentare di creare la superiorità numerica. Per capire meglio di cosa si tratta basta guardare alcune azioni del suo vecchio Foggia, e si nota che gli attacchi venivano sviluppati in quel modo, a una velocità supersonica.
Altra regoletta: i sei esterni (tre a destra e tre a sinistra) non devono mai restare verticali tra di loro, ma formare una sorta di triangolo, ciò per avere la doppia opzione al momento del passaggio.
Sono solo alcuni degli schemi da studiare ed applicare a memoria per permettere alla palla di arrivare pericolosamente nei pressi della porta avversaria, poi dovranno essere le invenzioni dei singoli a trasformare il pericolo in gol.
Ai tempi del Pescara Zeman organizzava in genere la settimana in questo modo: il lunedi è dedicato al lavoro aerobico, a diverse velocità, con tratte di 150 e 300 metri; il martedi ci si occupa del lavoro di forza (è il giorno più intenso per i giocatori); mercoledi partitella e giovedi corsa coi balzi per 10 o 30 metri, e progressioni di sessanta metri, per lavorare sulla velocità. Il giovedi e il venerdi (dipenderà ovviamente dal giorno della partita) si fanno esercitazioni tecnico-tattiche di intensità media.

Come è facilmente prevedibile e come è sempre stato per il tecnico boemo, per fare un lavoro di questo tipo è necessario dotarsi di giocatori dediti ai metodi dell’allenatore e soprattutto adatti a questo tipo di gioco. Se il connubio tra giocatori e allenatore riesce, c’è da divertirsi (vedi Foggia, in parte Lazio o Pescara); in caso contrario si rischia di far figuracce e far contenti gli attaccanti avversari. 
Visti gli ultimi, abulici campionati del Cagliari, è un rischio che si potrebbe anche correre.