lunedì 26 maggio 2014

LA DECIMA: ENNESIMA "SLIDING DOOR" DEL CALCIO


Lisbona, 24 maggio 2014
Real Madrid-Atletico Madrid 4-1 d.t.s.

Come sa essere crudele il calcio. Basta un attimo, e ti ritrovi dai festeggiamenti alla tristezza più cupa. 
Ora nella metà di Madrid "blanca" stanno tutti a festeggiare una grande squadra e una grande impresa, e la tanto agognata decima coppa dei Campioni finalmente arrivata in bacheca come un figliol prodigo del quale si erano perse le tracce per tanto, troppo tempo. Ora stanno tutti a incensare (meritatamente) Carlo Ancelotti e la sua bravura. 
Ma se Sergio Ramos non avesse azzeccato quel colpo di testa in extremis, ora si starebbe parlando di ben altra storia. Si canterebbero (anche in questo caso meritatamente) le lodi di un allenatore bravo come il Cholo Simeone, capace di dare l'anima in panchina come lo fece in campo a suo tempo con le maglie di Lazio e Inter; si celebrerebbe la vittoria di una squadra di gregari saliti sul tetto d'Europa dopo averlo fatto in Spagna e aver messo dietro di sè le milionarie Barcellona e Real.
E' bastato un solo gol dopo tanto patire, perchè il milionario Real Madrid passasse dal fallimento al successo. Il calcio è così. Vive di attimi, spesso casuali, che spostano la bilancia da una parte anzichè dall'altra.
L'anno scorso fu la rete di Robben a una manciata di minuti dal termine a porre fine al sogno del Dortmund, del quale in questa edizione della coppa l'Atletico ne ha rivisitato le gesta di outsider.
Ma i casi sono tanti. E in tante occasioni è bastato un'attimo per cambiare la storia.
Basti a pensare alla nebbia di Belgrado che nel 1989 scongiurò l'eliminazione del Milan di Sacchi dalla coppa dalle grandi orecchie. Senza quella nebbia non si sarebbe ripetuta una partita già persa e non sarebbe nato il mito rossonero di fine anni ottanta.
Dieci anni dopo, in un'altra finale, la consacrazione del Manchester di Ferguson e dell'astro nascente Beckam arrivò negli ultimi due minuti di recupero contro il Bayern già pronto a festeggiare. Ma le reti di Sheringham e Solskjaer gettarono nello sconforto totale i tifosi bavaresi, increduli di fronte a cotanta beffa.
E il Barcellona? Senza la sassata di Iniesta allo Stamford Bridge all'ultimo minuto della semifinale del 2009 (ancora 10 anni dopo!) la squadra di Guardiola non sarebbe stata "campeon de todo" in quell'anno, e chissà se avrebbe aperto il suo ciclo vincente di quel periodo.
Nel 2008 invece la beffa era stata atroce per Terry, scivolato sul rigore della vittoria del Chelsea, che resucitò il Manchester United e permise a Cristiano Ronaldo di vincere il suo primo pallone d'oro.
Ora la storia si è ripetuta, e se il portoghese vincerà nuovamente il massimo riconoscimento europeo lo dovrà soprattutto al cuo compagno Sergio Ramos che, con la sua zuccata vincente ha strappato la coppa dalle mani dei colchoneros per portarla al Santiago Bernabeu. Quello che è poi successo nei supplementari è stata solo la logica conseguenza di quel gol, coi bianchi di Ancelotti ormai rivitalizzati e capaci di chiudere in trionfo, grazie alla maggiore caratura tecnica, una partita complicata contro una squadra ormai demoralizzata e senza più fiato.
Onore a vinti e vincitori, e onore a Sergio Ramos, al quale i madridisti dovrebbero fare un monumento: come successe per Fabio Grosso ai mondiali 2006, è stato lui il giocatore decisivo della "decima", visto che la sua doppietta (sempre di testa) apriscatole della semifinale all'Allianz Arena aveva già messo un pezzo di coppa nella nutrita bacheca del museo del Bernabeu.
E grazie a quel gol al penultimo minuto di recupero il Madrid potrebbe aprire un nuovo ciclo, come Cristiano Ronaldo potrebbe riportarsi a casa il pallone d'oro. 
Tutto per un colpo di testa. Anche questo è il bello del calcio.