lunedì 5 ottobre 2015

CAGLIARI, PRIMA O POI DOVEVA SUCCEDERE

 
Si cominciarono a fare gli scongiuri quando il cronista di Sky affermò, nei primi minuti dell'incontro, che il Pescara "non segna e non vince in casa contro il Cagliari dal 1987", quando appunto fece sua la partita col risultato di 3-2 (reti di Bosco, Rebonato e Pagano e per i rossoblù di Maritozzi e Pecoraro).
In genere queste statistiche, snocciolate agli inizi delle gare dai vari cronisti della famelica emittente satellitare, hanno l'effetto di far toccare le parti basse ai tifosi della squadra che non perde dall'anno "X", la quale puntualmente vede interrotta la lunga serie positiva contro l'avversaria di turno.
Riti scaramantici a parte, la sconfitta del Cagliari, al di là delle varie disamine tecniche, tutte giuste, per quanto riguarda la non eccelsa qualità del gioco espressa nelle ultime settimane e le troppe incertezze difensive, era un'eventualità da prendere seriamente in considerazione a breve termine, anche alla luce del fatto che in serie B, e soprattutto in trasferta, sarà sempre più probabile trovare squadre meno attrezzate tecnicamente giocare col coltello tra i denti e non sarà sempre facile trovare il pertugio giusto per aprire partite che cominciano a complicarsi.
E' una cosa normale, se consideriamo che anche la Juventus 2006/07, che aveva tra le sue fila giocatori ben superiori a quelli del Cagliari attuale, perse 4 partite, ne pareggiò 10 e molte delle sue vittorie vennero ottenute con il minimo punteggio, quando le forze in campo potevano far pensare a 42 vittorie a mani basse.
Il calcio non è così e in un campionato così lungo e spossante bisogna, anche da parte dei tifosi, non pensare che sia una passeggiata ma ci vorranno tutte le componenti coese, compresa appunto la tifoseria, per ottenere il traguardo auspicato, vale a dire la promozione diretta.
Anche la corazzata di Zola del 2004 perse 9 partite e spesso zoppicò durante la stagione, prima di prendere il volo in primavera e arrivare al primo posto (col Palermo) con 83 punti e 80 gol realizzati.
Perché questo discorso? Si sa, i social e le radio danno parola a tutti. Ma proprio a tutti, purtroppo. E allora si è passati in un baleno dal "salutate la capolista" alle invettive contro la società per la campagna acquisti sbagliata (??!!).
E' proprio vero, il tifoso è davvero la categoria più volubile del mondo.

SARRI E IL RIFIUTO DEL PARACULISMO


Alcuni mesi fa in tanti avevano sorriso di fronte al suo "ma mi pigli per il culo?" detto a Samuel Eto'o dopo un complimento fattogli da quest'ultimo al termine di un Empoli-Sampdoria. Eppure è proprio quello il succo di un (non) personaggio come Maurizio Sarri: l'assoluta negazione del paraculismo ai fini giornalistici.
Scordarsi le recite a soggetto e i "rumori di nemici" di Mourinho, i piagnistei di Mazzarri o l'ottima stampa che ha sempre accompagnato Mancini. L'allenatore del Napoli è fatto così. Parla esattamente come parlerebbe un mister di un normalissimo Poggibonsi (giusto per citare un nome a caso), ergo si limita alle risposte di natura tecnica e magari non cade nel gioco dei facili entusiasmi per un paio di vittorie in serie o depressioni per alcuni risultati negativi.
Sa che il calcio è fatto in questo modo. Nella carta stampata, o televisiva o di web, in qualche modo devono parlare di qualcosa; le pagine e i palinsesti vanno riempiti a tutti i costi. Con Mourinho, per esempio, ci si riusciva tutti i giorni della settimana e lui dispensava le sue perle di saggezza e di polemica con cadenza pressoché giornaliera, giusto per restare alla sua esperienza italiana. Gli stessi giornalisti che tanto lo criticavano per il suo essere sempre in guerra con tutti, sapevano senza dirlo che avrebbero dovuto versargli un obolo perché consentiva di riempire le pagine e di trovare sempre qualcosa da scrivere.
Con Sarri questo non succede perché il ruspante allenatore del dopo Benitez è tutto fuorché un personaggio mediatico. Ovviamente si è passati dalle critiche per l'inadeguatezza del suo personaggio, quando la squadra stava zoppicando, agli osanna attuali, dopo le piogge di gol con Lazio, Brugge, Juventus e Milan (16 gol in quattro partite!).
Ma lui, imperturbabile, dopo l'umiliazione inferta al Milan ha semplicemente detto che parlare di scudetto adesso è una bestemmia, suscitando quasi l'ilarità dei cronisti. Come se dire che esser criticati settimane fa ed esaltati ora sia qualcosa di così inverosimile.
A parte le parole che servono per riempire le pagine di giornale, Sarri sta silenziosamente portando la sua squadra a porsi come una delle principali candidate allo scudetto.
La squadra non è il Bayern o il Barcellona e la difesa, a parte le ultime settimane, non appare come il reparto più affidabile del mondo. Ma in una serie A mediocre come questa, dove sembra che nessuno sia in grado di ammazzare il campionato, tutto può succedere.
L'Inter dopo quattro vittorie risicate ha fatto scoprire il bluff rientrando nel pianeta delle squadre ancora in costruzione; il Milan ha preso due ottimi attaccanti ma senza un centrocampo all'altezza, farà probabilmente un'altra stagione anonima (a proposito, complimenti a chi ne gestisce il mercato...); la Juve è più umana senza quei tre (alias Pirlo, Vidal e Tevez); la Roma paga la mancanza di continuità e una fase un po' confusionale di Garcia mentre la Fiorentina sembra stia dando il massimo possibile.
In mezzo a tutto ciò il Napoli potrebbe essere la squadra più temibile, se non altro per la qualità di centrocampo e attacco, e se Sarri riuscirà a dare alla sua squadra la continuità che serve alle squadre vincenti, chissà che non ci possa scappare il primo scudetto del dopo Maradona.
E magari si potrebbero ripetere dei casi come il Verona 1984/85 o la Samp 1990/91, e vedere dopo 15 anni di nuovo un tricolore sul petto di una squadra che non sia una con la maglia a righe di Milano e Torino.