martedì 14 febbraio 2012

CAGLIARI, PREDICARE NEL DESERTO


Dodici punti e tre vittorie nelle ultime sette partite, quelle del 2012. Una sola sconfitta, a Milano sponda rossonera: ci poteva stare.
Sono questi i numeri del Cagliari più recente, numeri che narrano di una squadra in ripresa, con nuovi innesti che si stanno rivelando un fattore trainante e alcuni vecchi rientrati dall'infermeria a rendere la squadra più forte e concreta.
E poi c'è lui, Davide Ballardini, tornato quattro anni dopo sul "luogo del delitto" che gli fece da trampolino di lancio per panchine più prestigiose. Ballardini non è un rivoluzionario e non propina chissà quali novità o schemi astrusi per arrivare al successo. E' un pragmatico e si sforza di sfruttare al meglio il materiale umano che ha a disposizione. Come successe quattro anni fa, con la resurrezione di una pattuglia di giovani calciatori sfiduciati e quasi rassegnati al limbo della B.
Ha fatto alcune volte strorcere il naso con delle modifiche sul finale di gara che lasciavano pensare all'intenzione di rispolverare il vecchio catenaccio tanto caro a certi vecchi allenatori del belpaese. E' successo con la Juventus, con la Roma, un pò col Palermo. Ma alla fine ha avuto ragione lui e il risultato è stato sempre portato a casa.
Il Cagliari comincia a piacere, e vedendone le partite ci si sta divertendo un pò di più, ultimamente. I nuovi arrivati ci stanno mettendo entusiasmo e motivazione, fame e voglia di emergere o riscattarsi. Con questi ingredienti e questo modo di essere, chi paga per vederti giocare può anche accettare un'eventuale sconfitta se però hai dato tutto fino alla fine.
Peccato solo per una cosa. La matassa inestricabile. Il labirinto nel quale sei entrato e dal quale non riesci a trovare l'uscita. Il campo di gioco, che poi è quello che deve contenere un pubblico, il più numeroso possibile. Peccato davvero non avere uno stadio.
Perchè di questo si tratta ormai. Il Cagliari e i suoi tifosi non hanno più uno stadio. Il Sant'Elia è come quel malato terminale al quale non hanno ancora staccato i cavi che lo tengono in vita come un vegetale. E' morto e nessuno è andato a terminarne l'agonia.
Dopo vent'anni senza che un medico prescrivesse le medicine per i suoi acciacchi ricorrenti, ha cessato praticamente di avere attività vitali, tenuto su questo mondo solo da qualche deroga raccattata qua e là con cadenza bisettimanale.
E nel frattempo si guarda morire solo e quasi vuoto, sofferente nel pensare ai tempi che furono, mentre a chi dentro vi gioca non resta altro che predicare nel deserto.


Nessun commento:

Posta un commento