giovedì 15 marzo 2012

L'EUROPA NON E' UN PAESE PER VECCHI


Gli ottavi di Champions League hanno decretato ciò che già si sapeva: i tempi d'oro del calcio italiano sono un vecchio ricordo.
La perdita di posizioni nelle classifiche Uefa degli ultimi anni è la conseguenza delle strategie sballate delle società nostrane, dove la programmazione mirata è un vocabolo per pochi adepti e spesso vige la confusione.
Che lo si voglia o no, gli anni novanta e i suoi successi sono lontani anni luce, e le due coppe vinte da Milan (2007) e Inter (2010) sono solo delle fiammate in mezzo alla pochezza di risultati degli ultimi dodici anni. E non è solo questione di soldi, perché non è solo con quelli che si costruiscono squadre fenomenali in grado di vincere tutto.
Il Milan, cioè la squadra campione d'Italia, che rischia di dilapidare quattro gol di vantaggio a Londra contro l'Arsenal - che non è certo la squadra che sta spadroneggiando in Premier League - fa immaginare su cosa possa fare la formazione di Allegri contro squadre ben più dotate.

Il Napoli cede le armi facendosi rimontare anch'egli nella città londinese contro il Chelsea meno forte degli ultimi cinque anni. La poca esperienza internazionale ha giocato un brutto scherzo alla squadra di Mazzarri, facendola rientrare dal mondo dei sogni nel quale si era fatta cullare dopo l'illusoria goleada sul Cagliari. Peccato che il campanello d'allarme dei tre gol subiti (perdipiù da Larrivey, uno che non ha mai avuto medie gol da urlo) non sia stato ascoltato e la difesa abbia ripetuto la debacle: sette gol subiti in cinque giorni sono decisamente troppi.
L'Inter invece, che subito dopo gli accoppiamenti usciti dalle urne festeggiava per l'avversaria tra le più morbide del lotto, è riuscita a farsi eliminare con due gol al novantesimo, uno all'andata e uno al ritorno, decretando la fine definitiva di un ciclo per una squadra e una società al momento senza capo né coda.

Tutto ciò fa però sempre felici i tifosi della penisola, allorquando l'eliminazione di una squadra italiana che non è la propria scatena reazioni di giubilo e sberleffi di ogni tipo, usanza che oggi, grazie ai vari social network e ai commenti sulle notizie, si è diffusa in maniera esponenziale.
La mia squadra non vince mai? Chi se ne frega: gioisco per la perdita delle altre e sono felice lo stesso, e chi se ne frega del patriottismo...
Questa nuova moda del "tutti contro tutti" però, non fa altro che evidenziare che la stupidità è un virus che si sta diffondendo a macchia d'olio dalle nostre parti, di cui il tifo calcistico è solo un'esemplificazione sociale che si estende a vari altri campi.
Esagerato dire ciò? Forse, ma a forza di gioire per gli insuccessi e le eliminazioni delle squadre che non sono la sua, il tifoso becero (o italiano medio, che dir si voglia) un bel giorno scoprirà che di italiane, in Champions, ne andrà una sola, e che non è la sua.
Allora si guarderà intorno stranito, e mentre sostituisce la gioia con la delusione, penserà per un attimo dove possa aver sbagliato.

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