martedì 2 ottobre 2012

IVO PULGA E L'ALBUM DI RICORDI


I tifosi più giovani non lo hanno mai visto in azione, ma molti sui trentacinque-quaranta che sul finire degli anni ottanta impazzirono per il miracoloso Cagliari del quasi esordiente Claudio Ranieri non hanno mai dimenticato il faccino pulito e la capigliatura bionda del centrocampista tutto polmoni di quella squadra che aveva fatto innamorare di nuovo i sardi per la propria squadra di calcio.
Ormai è ufficiale: Ivo Pulga, classe 1964, è il nuovo allenatore del Cagliari. Sarà lui, in coppia con Diego Lopez (che potrebbe essere la vera mente dell'operazione) a cercare di rimettere in rotta una barca rossoblù che affonda.
Tralasciando, almeno per il momento, i discorsi su Diego Lopez, uruguaiano trapiantato in Sardegna, già nella società rossoblù dopo il forzato abbandono, ex capitano prima di Daniele Conti e uomo graditissimo sia allo spogliatoio che alla tifoseria, per i suoi lunghi e dignitosi trascorsi con la maglia cagliaritana. 
Tralasciando appunto ciò di cui sopra, quando però si sente nominare il nome di Pulga ci si immerge in mielosi ricordi di anni passati non troppo remoti, di calcio di periferia e di gesta eroiche e vittorie sorprendenti fatte non con i soldi ma con la passione di chi ha voglia di arrivare.
Il suo nome fa tornare indietro di vent'anni o poco più, quando il Cagliari appena scampato dal fallimento e quasi in serie C2, seppe risollevarsi grazie ad una pattuglia di carneadi giovani e raccattati qua e là senza spendere troppi soldi, e grazie alla voglia di arrivare di un allenatore che non conosceva nessuno ma che aveva trasformato una cinquecento sgangherata in una Ferrari.
Il suo nome fa tornare in mente uno stadio che allora si trovava a Cagliari, e che vedeva 40.000 spettatori per una partita di serie C1. Altri tempi.
Quando questi quasi quarantenni di oggi, che all'epoca andavano ancora a scuola o l'avevano finita da poco, pensano alla sua zazzera bionda viene in mente loro il gol segnato in una battaglia a Brindisi nel lontano 1989, in una partita che poi si era conclusa con cazzotti e giocatori sardi costretti a rintanarsi negli spogliatoi per sfuggire all'ira di tifosi e dirigenti pugliesi, adirati per la sconfitta che li tagliava fuori dal giro promozione.
O ancora, questi quasi quarantenni si ricordano di quando erano al Sant'Elia (che forse non vedranno più dal di dentro) pieno come un uovo in un caldo pomeriggio di maggio e proprio il piccolo e biondo centrocampista segnava il gol vittoria contro i giocatori dell'Ischia, che non avevano mai visto così tanta gente dentro uno stadio. Un gol che significava promozione in serie B.
E come dimenticheranno costoro quando due anni dopo, stavolta in serie A, quel doppio passo (alla Biavati!) sulla fascia destra del terreno di Marassi che sfociò nel cross che Fonseca, con una mirabolante rovesciata, trasformò nel gol del pareggio sul campo della Sampdoria prossima allo scudetto?
Che ricordi. Ma ora è il presente. Quel calcio non c'è più. Ora è il calcio della pay tv e degli stadi mezzo vuoti. E' il calcio dei giocatori come modelli e dei tatuaggi in quasi tutto il corpo. E il calcio di Cellino (Ivo Pulga ha fatto in tempo ad andare via dalla Sardegna prima che il nuovo presidente prendesse possesso del Cagliari) che fa e disfa e che decide chi entra allo stadio e chi no.
E' un calcio che si sta attorcigliando su sè stesso come la società odierna, ma proviamo a chiudere gli occhi e ricordiamoci di quel passato non troppo vecchio con la speranza che quando tutto sarà imploso, potremo di nuovo assaporare quei dolci sapori di una domenica (o un sabato, che sia) di pura e innocente distrazione. Solo per un pallone che rotola.
In bocca al lupo, Ivo Pulga.

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